Ogni tanto lo siamo tutti, anche i più intelligenti. Per 3 motivi: sopravvalutazione delle nostre capacità; mancanza di controllo; comportamento irrazionale. In conclusione, secondo una ricerca scientifica, aveva ragione Forrest Gump: Stupido è chi lo stupido fa. Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace. Ciò che è stupido, invece, è universalmente riconosciuto come tale. E la cattiva notizia è che nessuno è al riparo dalla definizione e dal compiere azioni considerate – e quindi di fatto – stupide. È la conclusione cui è giunto un gruppo di ricercatori dell’Eotvos Lorand University di Budapest. Il quesito, anzi il dubbio, è vecchio quanto quello sull’avvicendamento fra uovo e gallina. «Non c’è peccato tranne la stupidità», sentenziava Oscar Wilde. «Stupido è», però, «chi lo stupido fa» incalzava qualche anno dopo Forrest Gump, indimenticato protagonista della pellicola omonima interpretata da Tom Hanks. Aveva ragione, secondo le conclusioni di una delle analisi più complete sul tema: Balazs Aczel e altri due studiosi hanno preso in considerazione 180 storie raccontate da giornali, blog e altre fonti e le hanno sottoposte al giudizio di 150 persone. Il 90% era concorde nel definire cosa fosse stupido, percentuale che la dice lunga sulla sicurezza con cui emettiamo una sentenza che per tempi e modi di elaborazione ha spesso le sembianze di un approccio superficiale. Ma non finisce qui. Le allineate risposte al questionario hanno permesso di circoscrivere i contesti in cui la stupidità si agita e annida. Ed ecco che l’intelligente o presunto tale viene spogliato dalle sue sicurezze: il primo scenario viene definito «della fiduciosa ignoranza». Quando, ovvero, una persona si sopravvaluta in un caso specifico e cade in errore. Mettendosi, ad esempio, alla guida dopo aver bevuto e confidando in una capacità di reazione evidentemente non conforme al contesto. Si tratta, per lo studio, del caso più eclatante di stupidità ed è coerente con le conclusioni di un’altra voce (grossa) sul tema. Il premio Nobel per l’Economia (nel 2002) Daniel Kahneman, che a suon di esperimenti matematici ha dimostrato come la consapevolezza di avere l’intelligenza o l’abilità necessaria a risolvere un problema porti a cercare scorciatoie che ci conducono inevitabilmente all’errore.
C’è poi il secondo caso analizzato dall’ateneo ungherese che ci vede vittime della mancanza di controllo. Di comportamenti ossessivi, compulsivi o di dipendenza. Decidere, ad esempio, di non uscire per una passeggiata rigenerante per lasciarsi andare alla stagnante pigrizia domestica, magari davanti alla televisione o al computer. A questo proposito vale la pena citare la preoccupazione di Nicholas Carr, che ha individuato nella rapidità delle informazioni che si avvicendano sugli schermi connessi a Internet la causa di una crescente superficialità che ci rende incapaci di analizzare le informazioni e collegarle adeguatamente l’una con l’altra. E di una nuova forma di stupidità, ancora. La terza secondo lo studio di Aczel è invece definita «del comportamento irrazionale». Quella più accettabile e scusabile, in definitiva. Che ci porta a disinteressarci di un problema o nel momento stesso in cui ci si presenta davanti o in quello precedente, quando avremmo potuto (e dovuto) prevederlo e arginarlo. Non cambiare l’olio all’automobile, perché ci si dimentica del fatto che è necessario mentre ci si trova dal benzinaio o perché al momento dell’acquisto della vettura non ci si è informati adeguatamente. Una stupidaggine, in entrambi in casi.
Che fare, quindi? Soprattutto perché l’intelligenza non solo non si rivela un deterrente – alla faccia dello squisito schema di Carlo Maria Cipolla che categorizza lo stupido in modo molto preciso (chi causa danno agli altri senza trarre alcun vantaggio) – ma rischia di trasformarsi in un ostacolo. Il nostro quoziente intellettivo, la nostra capacità di discernere e soppesare, di reagire e puntare nella giusta direzione sono il peggiore dei boomerang: ci fanno sentire più acuti di quelli che consideriamo stupidi e ci fanno scivolare su bucce di banana apparentemente alla nostra – perfetta – portata di scansarle. Ci impediscono, sostanzialmente, di essere abbastanza modesti per metterci in discussione quando dobbiamo scegliere.
Tirando le fila, senza dimenticare chi stupido è (per non accantonare del tutto Cipolla): stupido è chi lo stupido fa, d’accordo. Ma stupido è soprattutto chi lo fa in modo consapevole e sceglie in modo sbagliato sapendo di farlo. O, per muovere un ulteriore passo in avanti, chi si rifiuta o, ancora peggio, non è in grado di scegliere.